Dal boom alla rottura: perché il M5S rischia grosso

Dal boom alla rottura: perché il M5S rischia grosso

Lo Tsunami è finito, non senza far danni. Per Grillo e il suo Movimento Cinque Stelle è tempo di fare i contiscontrini a parte – con quanto è stato fatto in questi primi quattro mesi di legislatura, caratterizzati, spiacevolmente, da un’inadeguatezza cronica – quasi virale – non tanto di chi è stato eletto in Camera e Senato, ma da chi, di quel MoVimento, si è fatto leader. Che Beppe Grillo fosse un burlone dai toni non proprio pacati lo si era capito da anni; eppure, una volta ‘istituzionalizzato’, l’atteggiamento dell’ex comico si è reso meno divertente e più irritante. Meno credibile, soprattutto. E da ‘uomo della provvidenza’ qual era, Grillo è costretto a ridimensionarsi, a difesa di un accanimento non solo esterno, ma addirittura interno.

I DISSIDENTI – È il caso dei dissidenti. Troppi, per la verità. Eppure mai ascoltati. Tralasciando il caso Salsi e Favia, espulsi dal MoVimento per aver partecipato ad un talk show (Crimi, ormai ex capogruppo, sarà ospite dell’Annunziata senza esser vittima di provvedimenti), alla lista vanno ad aggiungersi nuovi, incredibili esempi. È il caso di Alessandro Furnari (“commesso un gravissimo errore di gestione delle risorse umane. Casaleggio neanche ci conosce tutti”) e della senatrice Adele Gambaro (“il problema è Grillo, con i suoi post minacciosi”), esclusi dal MoVimento senza se e senza ma. Inascoltati, è bene ripeterlo. E di dissidenti troppo si parla, tanto da oscurare quanto di buono i cinque stelle stanno producendo (o almeno provano a produrre) in Parlamento. E mentre una fronda di 30/40 onorevoli è in procinto di fondare un gruppo nuovo, Grillo recita il mea culpa e chiede al web – forse troppo tardi – se è “veramente lui il problema”.

INADEGUATEZZA –  E in molti sarebbero pronti a dir di sì, visti i continui attacchi a dir poco spregiudicati ed irrispettosi mossi dal leader genovese nei confronti di personalità d’alto livello. È il caso di Stefano Rodotà, prima sogno del MoVimento per la Presidenza della Repubblica poi, incassata la prima critica, un semplice “miracolato del web”. È il caso di Laura Boldrini, invitata – neanche troppo gentilmente – a “studiare la Costituzione” per averlo criticato sulla definizione di  Parlamento maleodorante. Parlamento per cui lo stesso Grillo ha condotto a lungo un’intensa e faticosa campagna elettorale, promettendo – peraltro – di aprirlo quel Parlamento, “come una scatoletta di tonno. L’odore non dev’essergli piaciuto.

COLPI BASSI – E l’aria del Palazzo non dev’esser piaciuta neanche a Roberta Lombardi – ormai ex capogruppo del M5S alla Camera – che di gaffe ne ha fatte e eccome. Indimenticabile quella del portafoglio (esempio di ostentazione più che di onestà), per poi chiudere in bellezza dando delle “merde” a tutti coloro che, presunte spie, si fossero rapportati con la stampa. Non a caso, nel pieno del tornado, la Lombardi e Vito Crimi (capogruppo al Senato) passano il testimone a Nicola Morra e Riccardo Nuti, nuovi leader di Camera e Senato. In più, ben distante dalla Capitale, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma (in piena rottura coi sindacati) si deve sentir dare del buffone da chi, giustamente, gli rinfaccia di non aver mantenuto fede alle promesse avanzate in campagna elettorale sul celebre inceneritore, oggi ancora in attività. E sempre di sindaci parlando, nel corso delle Amministrative il ridimensionamento a Cinque Stelle si è reso evidente agli occhi di tutti: dal caso De Vito a Roma all’intero caso nazionale (pochi i comuni conquistati dal M5S).

Il collasso del Movimento Cinque Stelle non è giornalismo da quattro soldi, né un dato soggettivo. Individuarne le cause è ben facile, risolverle, al contrario, è impresa da pochi. Che sia sbagliato il leader, o che siano intimoriti i parlamentari, quella del M5S rischia di leggersi come una delle pagine più tristi della nostra Repubblica. L’onestà di chi vuole e sta provando a cambiar l’Italia, finisce per perdersi sotto i colpi di un leader esagerato, reo di aver preso scelte incomprensibili, spesso autoritarie ed egoistiche, nocive per l’attendibilità di un intero gruppo parlamentare e – soprattutto – sociale. E se da un collasso ci si può rialzare, che il MoVimento non si ammali di un male incurabile. Si cambi strada e si scelga la responsabilità. C’è in gioco la speranza di molti. Ed oggi più che mai, l’Italia, non può permettersi di perderla.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.