Chi era Matteo Salvini, chi è Matteo Salvini

Chi era Matteo Salvini, chi è Matteo Salvini

Spesso, in Italia, quando si parla di politica, di chi ci rappresenta, di chi siede in Parlamento o di chi affolla le televisioni, ci si dimentica del passato. Ci si dimentica chi si sta ascoltando veramente, le premesse di ciò che dice, il retaggio culturale da cui si è nati, in cui si è cresciuti e in cui oggi – seppur con qualche modifica – si opera. Di Matteo Salvini, oggi segretario federale della Lega Nord, si elogiano le abilità, la furbizia, la popolarità e (su tutti) il suo atteggiamento diretto, fermo, deciso contro le ingiustizie del paese. Meno spesso, invece, dell’altro Matteo si sottolineano la superficialità, l’inutilità e soprattutto la nocività di ciò che afferma, ogni giorno, su qualsiasi canale possibile. Perché del resto se i consensi salgono, le beghe di qualche anno fa si possono anche sotterrare. Ma non è sempre così.

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Il “Padania is not Italy” del giovane Matteo – suo slogan preferito da sempre – non sorprende. Lui, sin dall’inizio, è stato il figliol prodigo della Lega estremista, quella di Borghezio e Calderoli, quella delle urla, degli slogan pro-secessione, intrisi di qualunquismo, violenza verbale e quant’altro. Nel 2005, eletto al Parlamento Europeo già da un anno, si fa subito riconoscere con l’amico di merende Borghezio contestando Azeglio Ciampi sull’importanza dell’euro, esponendo (urlando e sbraitando) il Sole delle Alpi, simbolo padano. A confermare la nobiltà del Salvini, quattro anni più tardi, è il coro dedicato ai napoletani in occasione della festa di Pontida, tra birre, strette di mano e sciarpe verdi (qui il video). Le idee del Salvini hanno talvolta toccato picchi di genialità inarrivabili, tra cui quella di istituire “carrozze metro solo per i milanesi”prospettando una sorta di opinabile apartheid moderna. Tra cori, insulti e slogan reiterati (“Pisapia è una malattia”), il Salvini quasi-nazionale (nel 2011 ancora non lo è) inciampa su facili latinismi, disconoscendo – pur essendosi diplomato al classico – il significato del ‘casus belli’ in un’intervista da Mentana (qui il video). E se sulle lingue morte si può sorvolare, su un tema delicato come l’evasione fiscale è d’obbligo quel tocco in più di delicatezza che Salvini puntualmente ignora: “Se a un commerciante capita una volta ogni tanto di non emettere uno scontrino – afferma nel dicembre del 2012 – non è un evasore fiscale ma uno che resiste” (qui il video). Con Napoli, poi, non ne parliamo: il rispetto manca a priori. I napoletani? Sono troppo distanti dalla nostra impostazione culturale – afferma nel 2010. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”. (qui l’intervista). Eppure, per le Europee, va a chiedergli voti (qui l’articolo). A Salvini, però, va forse riconosciuto un pregio: la coerenza. Ad esempio, da sempre, si è battuto contro l’euro. Divenuto segretario del partito, ha tolto dal logo il termine “Padania” per sostituirlo con “Basta euro”. Qual è però, a prescindere da tutto, il vero problema di Salvini? L’assenza di argomentazione, di approfondimento, di logicità in ciò che afferma. L’euro fa male perché “venti anni fa un milione di lire valeva più di  500″ (anche ad inizio ‘900 mille lire valevano dieci volte tanto che a fine secolo). Tor Sapienza si rivolta? Le forze dell’ordine picchino più duro. I rom vandalizzano Roma? Bruciamoli. Nelle periferie italiane si occupano case abusivamente? Si caccino gli abusivi (e se poi tornano, Salvini?). Marino è un incapace (e la gestione Almanno?). Soluzioni semplicistiche, slogan accessibili a tutti, luoghi comuni che danno la sensazione di poter risolvere tutto con poco quando dietro ci sono meccanismi ben più complessi. Salvini vuole conquistare (e non è un’offesa, anzi) quella fetta ignorante di elettorato pronta a tutto purché si faccia qualcosa contro questa o quell’altra problematica. Salvini vuol porsi come il Renzi dell’altra sponda. Si è ripulito, nobilitato, perfezionato per far sì che la Lega tornasse agli antichi fasti elettorali dell’era Bossi. Prende le distanze da Forza Italia per correre da solo, simpatizza con Casa Pound e amici, si erge a vittima dei centri sociali, a supereroe del popolo, al nuovo che avanza con tanta fermezza e poco criterio. Ecco, poco criterio. Questo manca a Salvini, che di certo stupido non è. All’italiano medio, oggi, manca il criterio perché ridotto alla fame. Salvini vuole incanalare quella rabbia, vuole cavalcare l’onda, vuole imporsi come nuovo rappresentante dell’Italia. Oggi la Lega, nelle intenzioni di voto, è al 9%. Prima di lui era ferma al 3. Chissà se in quella percentuale, tra tanti padani, c’è anche qualche italiano che ricorda ciò che è stato Matteo Salvini, non ciò che vuol far credere di essere oggi.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.