Il tempo è galantuomo, anche per il Movimento Cinque Stelle

Il tempo è galantuomo, anche per il Movimento Cinque Stelle

Al Movimento Cinque Stelle va dato atto di una cosa: cercare di invertire il motto da “la politica è compromesso” a “non intendiamo allearci con nessun partito del passato” non è da tutti. Anzi è da temerari, perché l’inciucio, in Italia, è quasi costituzionale. Lo sa bene Luigi Di Maio, che oggi – da leader pentastellato – è costretto a formare un governo con Matteo Salvini, figlio della Lega di Umberto Bossi e attuale leader moderato-fascista di un paese ossessionato dall’immigrazione e non dai problemi reali. Provate a leggere di nuovo la frase: Di Maio costretto a governare con Salvini. Se un qualsiasi elettore di Grillo l’avesse letta due o tre anni fa avrebbe probabilmente lasciato moglie e figli per volare in Australia a studiare i canguri, con biglietto di sola andata.

Di Maio

Sia chiaro, la questione non è ‘governare con l’amico di Silvio Berlusconi e di Giorgia Meloni’ (a proposito, un abbraccio: prendere il 4% non dev’essere stato facile). Il problema è aver dichiarato in tutte le salse di non volerlo fare, conquistando gradimento e voti puntando il dito contro le vecchie forze politiche costrette – per costituzione o per convenienza, fate voi – ad allearsi per fondare un governo efficiente.

Dalla caduta dell’ultimo governo Berlusconi – novembre 2011 – a oggi si sono susseguiti quattro governi (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni), nessuno – ricordate il no di Grillo a Bersani? – capace di vantare una maggioranza netta in Parlamento o una linea ideologica chiara da seguire. Matteo Renzi, nel 2014, dovette persino scendere a patti con Forza Italia nel famigerato Patto del Nazareno. Oggi, nel cuore del 2018, il Movimento Cinque Stelle si trova nello stesso, identico problema di chi lo ha preceduto ed esattamente come i suoi predecessori deve affrontare una realtà scomoda da sempre combattuta e ripudiata: allearsi con i più acerrimi nemici.

Se l’exploit del Movimento è storicamente legato alla netta volontà di rottura con il passato e solo successivamente ai contenuti (immigrazione e Unione Europea, per fare due esempi pratici, sono tematiche che ancor oggi non hanno pace), oggi la sua realtà appare beffata insieme alla fiducia dei suoi elettori, costretti a ingoiare il boccone amaro delle larghe intese 2.0. Fare 2+2 in politica è facile: più si è forti e meno si è coerenti, più si è deboli e maggiore è il vanto d’esser stati fedeli alla propria linea politica. La coerenza è un’arma di facile impugnatura quando non si è coinvolti nella guerra e oggi il partito (a tutti gli effetti) di Di Maio è il principale protagonista dell’attuale Risiko politico. Lasciare il campo di battaglia, come promesso più volte, sarebbe solo un clamoroso autogol. Come per tanti comandanti politici, prima di lui.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.