La Turchia che insorge, tra Europa e Islam

La Turchia che insorge, tra Europa e Islam

Da tre giorni, ormai, la Turchia è in preda a rivolte di ogni tipo: piazze colme di rabbia, incendi agli uffici dell’Akp e, soprattutto, scontri con le forze dell’ordine. È la Turchia giovane ed “europea” che contesta Tayyip Erdogan (che dell’Akp, partito conservatore, è leader), premier dal 2003.

IL PRETESTO – La scintilla, come in ogni conflitto che si rispetti, si rivela il pretesto: in difesa di 600 alberi (siti in Piazza Taksim, nel cuore di Istanbul) la Turchia che non ci sta si è opposta alla costruzione di un centro commerciale proprio lì, al Gezi Park, storico luogo di incontro nel quartiere di Beyoğlu. Il retroscena, però, va oltre gli alberi e l’urbanistica, per sfogarsi in un astio già consolidato nei confronti del premier. Più che un presidente del consiglio “un dittatore”, per altri un folle, per molti un incompetente.

GLI ERRORI DI ERDOGAN – Di scivoloni, Erdogan ne ha commessi eccome: dalla reintroduzione del burqa in luoghi pubblici, alla legge anti-alcool che limita fortemente la vendita e il consumo di bevande alcoliche in tutto il paese, fino all’assurda condanna dei social network (in primis Twitter), a sua detta una “minaccia”. In bilico tra Asia ed Europa, tra culture opposte e costumi contrastanti, la Turchia – ormai quasi del tutto europeizzata – diffida di un governo che, di modernizzazione, non ne vuol sentir parlare.

LA ‘PRIMAVERA TURCA’ – Con la rivolta del Gezi Park la Turchia, quella del popolo, esprime il suo dissenso, il suo carattere, la sua forza. È la coscienza di un anacronismo dilagante, pericoloso e restauratore, che il paese non è più disposto a tollerare. Come in ogni grande conflitto, è la goccia che fa traboccare il vaso ad invertire la rotta. E se il rischio di una guerra civile è dietro l’angolo (1700 gli arresti, 480 i feriti), la speranza di una primavera turca si fa coraggio e vuol tramutarsi in realtà. C’è in gioco l’orgoglio, e perché no anche il prestigio internazionale; di un paese che non vuol più parlare arabo, ma europeo.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.