L’ascesa dei privati e la morte dello Stato

L’ascesa dei privati e la morte dello Stato

È la campagna pubblicitaria più riuscita degli ultimi anni quella che vede protagonista l’ormai celebre Italo, il treno ad Alta Velocità di nuovissima generazione che già da un mese è operativo su scala nazionale, toccando le stazioni dei più grandi capoluoghi italiani da Napoli a Milano. Visitando il sito – altrettanto impeccabile in rapidità di navigazione e design – spiccano offerte encomiabili, servizi da sogno (come il cinema a bordo, servizio al posto, internet e TV in diretta, benessere, comfort e chi più ne ha più ne metta) e addirittura un’area salotto con sedili in pelle rigorosamente reclinabili. Il treno dei desideri; il sogno nel cassetto di qualsiasi pendolare.

Eppure l’Italo è l’ennesima dimostrazione di come, in Italia, il divario tra il ceto medio e l’alta borghesia stia separando ancor di più una nazione divisa tra la sfarzosità del servizio privato e l’inadeguatezza di un servizio pubblico ormai ridotto all’osso. Tra continui ritardi, carrozze perennemente affollate e servizi da brivido, le Ferrovie dello Stato offrono spesso e “volentieri” servizi deprecabili, e in più devono subire il peso di numerosi licenziamenti (meno di un anno fa 1300 dipendenti esuberati, da “ricollocare all’interno dell’azienda“). Un servizio pubblico – l’ennesimo – logorato dal mancato appoggio dello Stato, regolarmente assente non solo nel campo ferroviario, ma inadeguato persino su quello ospedaliero e scolastico, servizi fondamentali per il benessere di una nazione.

Eppure, mentre nei licei mancano i cancellini e negli ospedali i pazienti sono costretti a “sostare” nei corridoi, nell’Italia bene aumenta il prestigio di licei e istituti privati, forti di un notevole aumento di iscrizioni (spesso grazie a studenti in fuga dal disagio vissuto nei loro ex-istituti statali), fioccano eccellenti cliniche ospedaliere e nascono alternative come l’Italo, l’ultima, grande innovazione utile a pochi.

Il privato non può e non deve far accanita concorrenza al servizio pubblico, può essere sì un’alternativa ma – specie in una democrazia come la nostra – va posto un certo limite, o presto invece dello Stato saremo governati da una multinazionale.

E, nella migliore delle previsioni, i ricchi saranno sempre più ricchi, mentre i poveri resteranno tali.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.

12 Risposte a “L’ascesa dei privati e la morte dello Stato”

  1. Riccà chi cambia liceo non lo fa perché mancano i cancellini… E in quel caso il paragone stato-privato non regge perché nell’istruzione chi passa da un liceo statale a uno privato è per comprarsi il pezzo di carta, il privato non offre un servizio in più a parità di prezzo, offre un servizio inutile, e peraltro dannoso, ad un prezzo altissimo IMHO

  2. Sono d’accordo con quello che hai scritto, tranne nell’ultimo parte… Il privato spesso contribuisce a migliorare servizi del tutto inefficienti se lasciati in gestione al pubblico. L’unico limite che può mettere lo Stato ai privati, è quello di non dare in concessione servizi basilari ed essenziali (acqua). Per il resto è l’amministrazione pubblica che deve adeguarsi ai livelli elevati delle imprese private, fornendo ai cittadini servizi di qualità a prezzi più vantaggiosi.

  3. Secondo me hai ragione ma non del tutto, il problema dei servizi pubblici italiani è proprio che, non spronati dalla concorrenza perchè o inesistente o troppo superiore, non hanno alcuni stimolo a migliorare. Per anni si è presa in giro Trenitalia per l’annuncio “Grazie per aver scelto Trenitalia”, proprio perchè non c’era alcuna scelta: un pendolare può arrabbiarsi e protestare, ma se il trenaccio anni ’70 scassato dello stato è l’unico modo che ha per raggiungere il lavoro continuerà a prenderlo e a Trenitalia non fregherà un cavolo delle sue lamentele. La concorrenza fa bene, in questi casi. Se non fosse per la concorrenza probabilmente oggi scriverei questa cosa su un Commodore64 ascoltando la musica su un grammofono.

  4. @federico e @Cecilia, devo dissentire, se i serivizi di cui parlate fossero lasciati ai privati, sarebbero condotti con la logica di profitto, e non di servizio… e la scuola né è un buon esempio, infatti come diceva Riccardo Cenci, non torna in mente come “eccellenza”, ma come posto in cui si ottiene il diploma più facilmente, perché al privato costa di meno, e conviene di più…

    @Cecilia, se fosse per la concorrenza, tutti coloro affetti da malattie rare, non verrebbero curati, perché a fronte di un costo elevato per la ricerca, non vi sarebbero sufficienti clienti…

  5. Non sono d’accordo. Italo è un treno ad alta velocità che fa solo tratte molto lunghe e non è stato fatto per far recare i pendolari, ogni mattina, al loro posto di lavoro. Grazie ad Italo il monopolio naturale di Trenitalia sulle tratte ad alta velocità è finalmente finito e, con la creazione di quest’oligopolio, i prezzi sono scesi del 25% da entrambe le parti. La concorrenza, in questo caso, fa aumentare il benessere delle persone.
    Per quanto riguarda il servizio sanitario penso sia un argomento ben più importante e non se ne possa parlare in questo articolo mettendolo sullo stesso piano della privatizzazione dei treni, sono argomenti ben diversi.

    1. Se un’azienda come Trenitalia, pubblica e dello Stato possiede – o perlomeno possedeva – il monopolio sui TAV non posso far altro che apprezzare. Viva la concorrenza, viva l’oligopolio (motore dell’economia). Ma qui non si coglie il messaggio dell’articolo. L’eccessiva sfarzosità dell’Italo (e di numerosi settori del privato) è un affronto al disastrato e spesso ignorato settore pubblico.
      È facile fare concorrenza al nulla. Lo Stato ha l’obbligo di porre sullo stesso livello questa concorrenza, non solo di favorire un settore e di danneggiare l’altro.
      Ci perde la gente. Si arricchiscono in pochi.

  6. Innanzitutto l’oligopolio non è il “motore dell’economia”. La crescita del progresso tecnologico, della popolazione e gli investimenti sono i fattori che permettono ad un’economia di crescere persistentemente nel tempo.
    Italo è un treno che, come tutti gli altri, ha diverse categorie di biglietti: non è tutto il treno ad essere, come dici tu sfarzoso, ma solo una piccola parte ( come anche il Frecciarossa ). Non riesco a vedere nessun affronto.
    I servizi, quando sono in mano ai privati, hanno un efficienza maggiore per cui eventualmente dovrebbe essere lo stato ad adeguarsi a standard più elevati. Ma Italia, come ben saprai, c’è un livello di crescita molto basso che non permette nemmeno di risanare il debito, per cui non si può pretendere, in questa situazione, che lo stato aumenti la spesa pubblica eccessivamente. Perciò ben vengano i privati dove sia possibile.
    Nessuno ci perde ulteriormente. Il Pil aumenta. Ci guadagnamo tutti.

    1. L’oligopolio non sarà il motore dell’economia, ma di certo è un’ottima forma di mercato. La tattica del poter stabilire i prezzi di produzione in base alle scelte effettuate dalle altre imprese concorrenti è un metodo, secondo me, più che positivo per stabilire un certo equilibrio concorrenziale.
      Equilibrio che include a giusto titolo il settore privato.
      Il treno (tornando all’Italo) è sfarzoso, se posto a confronto con un mezzo Trenitalia.
      Il divario è troppo accentuato.
      I contributi si versano allo Stato, non al settore privato. E il cittadino, spesso e “volentieri”, si ritrova a non poter usufruire del servizio privato in quanto eccessivamente costoso. Al che si deve “ripiegare” sul pubblico, alla portata economica, certo, ma mai all’altezza del privato.
      Un’ingiustizia.

  7. Uno stato liberale di diritto ha il semplice scopo di non peggiorare le condizioni dei cittadini. Uno stato sociale di diritto ha lo scopo, invece, di migliorare le condizioni dei suoi cittadini.
    Esistono dei diritti fondamentali da rispettare e tutelare: la presenza del servizio pubblico in certi settori non può essere né cancellata, né ridimensionata. Purtroppo la “res publica” (nel suo senso letterale) non è stata governata in maniera efficiente, non è tanto mancanza di concorrenza quanto di buon senso. Un privato agirà sempre in vista di un interesse personale, il pubblico in vista del bene comune: quando quest’ultimo perde di vista il suo reale obiettivo, ecco che il danno è bell’è fatto.

  8. Quest’articolo si trova nella categoria “Economia”, e la parola ingiustizia non rientra in questa scienza che per fortuna non lascia spazio ai moralismi. Quando troverai una teoria economica che si basa sull’ingiustizia per far migliorare un’economia, allora tutto ciò avrà senso.
    Premettendo che i prezzi del treno di Montezemolo sono più bassi di quelli di Trenitalia ( al contrario di ciò che hai sostenuto tu il cittadino “ripiegherà” sul privato!), ti ripeto che Italo fa concorrenza solo alla linea TAV e non c’è nessun divario accentuato sulla tariffa base (ne parlo per esperienza, anzi Frecciarossa come qualità è anche migliore).
    Su tutte le altre tratte Trenitalia, dunque lo Stato, ha sempre il monopolio.
    Fino a due mesi fa se una persona aveva la necessità di andare da Roma a Milano pagava, con il frecciarossa, 100€ a viaggio (tariffa base). Oggi grazie a Italo ne deve spendere 60€ sempre con il frecciarossa (tariffa base). Avere servizi più efficienti e pagarli di meno è forse un ingiustizia per i cittadini?

  9. La sconfitta dello Stato sociale non è causata dai privati, ma dallo Stato stesso. Anni di inefficienze hanno portato alla paralisi tutto il sistema dei servizi pubblici. Dai treni agli ospedali. E tutto questo senza dimenticare che la pressione fiscale italiana è tra le più alte in Europa. Insomma, paghiamo tanto per nulla. Credo che la critica vada mossa verso le pubbliche amministrazioni e non verso i privati che propongono (non impongono!) servizi alternativi al cittadino.

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