Quanto pesa Nolan sul giudizio di “Batman V Superman”

Quanto pesa Nolan sul giudizio di “Batman V Superman”

È uscito ‘Batman V Superman’, sequel di ‘Man of Steel’ a firma di Zack Snyder (quello di “300” e “Watchmen”) e prequel di tanta – troppa? – carne al fuoco. La grigliata in salsa noir posta sul piatto dalla DC Comics vuole essere – senza particolare imbarazzo – una palese dichiarazione di sfida al mondo Marvel, in rampa di lancio con l’attesissimo ‘Captain America – Civil War’, colmo di faide e super personaggi (c’è pure Spiderman).

Snyder, su indicazione della casa madre, lancia il Batman di Ben Affleck (già Daredevil nella trasposizione cinematografica del 2003) e la Wonder Woman di Gal Galdot per dare peso a quello che va delineandosi come il nuovo, interessante corso DC, dedicato all’energica Justice League.

LA STRUTTURA – La pellicola si divide nettamente in due fasi: la lenta scalata verso il super conflitto, composta da sfumature politiche e caratteriali talvolta profonde e ben delineate, e la grande ammucchiata finale, ennesimo inno al green screen e agli effetti speciali. Superman è in difficoltà, il suo potere illimitato preoccupa la popolazione di Metropolis che inizia a vedere in lui una minaccia. Batman, toccato nel personale dal conflitto tra l’uomo d’acciaio e il Generale Zod, inizia a considerare la presenza del kryptoniano come pericolosa per la sicurezza della Terra. L’interferenza di Lex Luthor, giovane e psicopatico miliardario con l’ossessione di abbattere il supereroe dal mantello rosso, complica la vita a entrambi i protagonisti, apparentemente – nonché momentaneamente – nemici giurati.

COM’È IL FILM – Essendo un sequel la premessa iniziale è doverosa: ‘Batman V Superman’ è diversi gradini sopra l’anonimo e grigio ‘Man of Steel’. Le immagini forti, epiche e ben ‘disegnate’, spesso tributi al concetto di fumetto cui Snyder è dolcemente abituato, le scene d’azione ben girate – specie quelle di Batman, più umane anche sul set rispetto a quelle di Superman -, la caratterizzazione originale di un ‘anzianotto’ Bruce Wayne e di un Clark Kent colto nelle sue più profonde debolezze fanno dell’opera un prodotto maturo e allo stesso tempo eccessivo. Ma se è vero che la verità sta nel mezzo, il film ha un suo equilibrio nonché una coerenza storica con il genere fumettistico. La durata finale – forse eccessiva – riesce comunque a concedere un ritmo accettabilissimo, grazie ai tanti cardini posti in essere da una trama caratterizzata da tre filoni narrativi: quello di Clark e Lois, quello di Bruce, Alfred e Diana Prince (per l’appunto Wonder Woman) e quello del ‘jokeriano’ Lex (interpretato da un magistrale Jesse Eisenberg). Le pecche ci sono ed emergono con visibile evidenza: la colonna sonora di un Hans Zimmer – alcuni brani a parte  – non spicca per energia, come anche la fotografia di Larry Fong – troppo oscura e opaca – nasconde i colori di Superman e sminuisce la bellezza della nuova e splendida (sostiene chi l’ha vista) Batmobile.

"Il ritorno del Cavaliere Oscuro" di Frank Miller (1986) e "La morte di Superman" di Dan Jurgens (1992)
“Il ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller (1986) e “La morte di Superman” di Dan Jurgens (1992)

E IL FUMETTO? – Su un solo fondamento lo stile di Snyder è inattaccabile: l’ispirazione al fumetto. Se in ‘Man of Steel’ (ma solo lì) è mancato anche quell’aspetto, in ‘Batman V Superman’ il tono noir, psicologico, politico e introverso dei due personaggi è un chiaro riferimento a “Il ritorno del Cavaliere Oscuro” di Frank Miller, miniserie di quattro fumetti dedicata a un vecchio Bruce Wayne avverso all’onnipotente – e minaccioso – Superman. La scena di Clark ridotto a un teschio nell’atmosfera terrestre e rigeneratosi grazie al sole, l’età di Bruce, il messaggio politico e allo stesso tempo intimo della rivalità e il combattimento finale sono tributi espliciti all’opera di Miller. Il finale, al contrario, rimanda a “La morte di Superman”, uno dei più grandi successi firmati DC risalente al ’92, capace di ridare vita alla saga del kryptoniano con un’energia sul mercato mai vista. La statua in bronzo, la morte in simultanea con Doomsday e il ruolo della bara sfruttato nel finale sia del fumetto che del film sono chiari – nonché rispettosissimi – richiami ai disegni di Dan Jurgens.

IL PARADOSSO DI NOLAN – Come giudicare quindi l’intera resa? Per quanto detto finora il film di Snyder merita di esser visto anche più di una volta. Ha radici profonde nella storia dei fumetti, caratterizza al meglio i personaggi, pone le basi per una nuova serie di avventure. Fa poco ridere, è vero, ma il tono commediale è prerogativa Marvel. Ciò che può fuorviare dal giudizio finale è però un unico, grande fattore in voga dal 2008: il paragone con “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”. C’è un pre e un post-Nolan nel mondo cinematografico dei supereroi, dimenticando quanto quella fosse una parentesi a sé, fissata nel tempo, e non un metro di giudizio. La trilogia del regista di “Inception” è vera, realistica, offre sfumature thriller da film drammatico, è introspettiva al massimo dell’immaginazione e ai limiti dell’ossessione psicologica nei confronti dei personaggi. In questo, pur essendo un prodotto vicino al concetto di capolavoro su molti sensi, si spinge troppo in là rispetto al decisamente più fantasioso e esagerato mondo dei supereroi su carta. Valore che invece Snyder sceglie di evitare con cautela: il suo ‘Batman V Superman’ è bello e godibile in tutti i sensi. A volte calca la mano, si concede qualche lusso di troppo, esagera con l’azione: ma è quello che succede da sempre sulle pagine delle centinaia di miniserie impresse con penna e inchiostro negli studi della DC Comics. Su questo, alla fine dei conti, dovremo farcene una ragione.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.