Quello che l’Isis vuole

Quello che l’Isis vuole

Il 16 luglio del 2016 un uomo ha volontariamente investito la folla di Nizza sulla promenade des Anglais, durante i festeggiamenti della festa nazionale francese, uccidendo 86 persone e 302 feriti. L’attentatore, Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, 31 anni, tunisino residente in Francia, è rimasto ucciso da alcuni colpi da arma da fuoco.

Il 18 giugno un uomo si è lanciato con un furgone contro i musulmani che uscivano dalla moschea di Finsbury Park, a Londra, al termine delle preghiere per il Ramadan, uccidendo una persona e ferendone altre dieci. Darren Osborne, 47 anni, di Cardiff, è stato arrestato con l’accusa di terrorismo.

I due episodi hanno molti punti in comune. Sono avvenuti entrambi in Europa, con la stessa metodologia d’attacco (si prende un autocarro, lo si utilizza per uccidere) e – anche se apparentemente di fazioni diverse – accontentano un unico soggetto politico: lo Stato Islamico. Il caso francese rispecchia un ordine preciso, arrivato dall’alto e da eseguire all’istante. Ad agire sono i mercenari dell’Isis, ragazzi rapiti da un’ideologia malsana dietro cui c’è una gestione geopolitica di stampo mafioso. Il caso londinese è invece la conseguenza del clima islamofobico creato dalle politiche nazionaliste più becere, spesso di estrema destra, volte a favorire un unico, errato luogo comune: colpevolizzare i musulmani comuni per le azioni dei terroristi.

Secondo la polizia di Londra le ostilità nei confronti dei civili mediorientali aumentano di anno in anno (400 episodi nel 2013, 1200 oggi). Nel dare una “soluzione finale” alla questione immigrati, simboli religiosi quali il velo, le moschee e le sale di preghiera vengono strumentalizzati, alimentando una vera e propria guerra tra poveri. “Non sono solo numeri – scrive Myriam François su New Statesman -, è il nonno di qualcuno ucciso mentre tornava a casa dalla moschea. È una donna incinta che perde il bambino perché picchiata in un supermercato. È un bambino chiamato ‘Bin Laden’ o ‘Isis’ a scuola, che si chiede perché la gente odia i musulmani”. Ogni atto di violenza contro i civili ha un solo mandante: l’irrazionalità.

Il popolo mediorientale, quello che “resta a casa sua”, conta vittime ogni giorno e di ogni tipo, uccise dallo Stato Islamico, da chi lo bombarda, da chi vorrebbe “importare democrazia” e da chi già pregusta la ricostruzione post-bellica. Secondo il Pentagono, solo i raid aerei anti-Isis in Iraq e Siria condotti dagli Usa hanno provocato la morte di almeno 352 civili sin dall’inizio delle operazioni, quasi tre anni fa. Un dato esasperante, se ne sottolineiamo la parzialità.

Vivere in Europa, per migliaia di civili esasperati e col cappio al collo, è il passepartout per cambiare vita, per donare un mondo migliore ai propri figli. Quella stessa Europa che, sotto un velo di finto giustizialismo, cova un odio identico a quello di alcuni estremismi islamici, accanendosi sulle stesse, inermi vittime. L’islamofobia, quella che disconosce l’Islam moderato, va combattuta con l’integrazione, con l’accettazione del prossimo, con un avvicinamento progressivo alla cultura e alle tradizioni a noi più ignote e lontane. La curiosità e la conoscenza sono le armi giuste da impugnare, dal più piccolo ambito familiare al più ampio panorama politico. Il giusto messaggio mediatico, in tempi delicati come quelli attuali, è il primo passo verso la convivenza più pacifica. Ne va dell’interesse comune,

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.