L’allarme degli infermieri precari: “Noi senza attrezzature, ecco come rischiamo di uccidere i pazienti”

L’allarme degli infermieri precari: “Noi senza attrezzature, ecco come rischiamo di uccidere i pazienti”

“Viviamo una situazione tragica: i concorsi stentano ad essere banditi, il turn-over del personale non sempre va di pari grado, capita che gli infermieri facciano doppi turni, saltino riposi e ferie, non c’è più il diritto di ammalarsi. A pagarne le conseguenze pazienti ed infermieri: i primi ricevono un’assistenza qualitativamente meno buona; i secondi lavorano in condizioni costantemente stressanti e logoranti”. A parlare – in anonimato – è un infermiere oggi disoccupato del Policlinico di Bari, corso a Roma per far sentire una voce, quella della Puglia, che è emblema di un’Italia sola, abbandonata e – per usare un eufemismo – da terzo mondo.

Due degli infermieri in protesta sotto Palazzo Montecitorio
Due degli infermieri in protesta sotto Palazzo Montecitorio

È la FLP (Federazione Lavoratori Pubblici) ad aver spinto gli infermieri di tutt’Italia a riunirsi sotto Montecitorio, dando vita ad un’iniziativa “partita dal basso”, da “infermieri che, stufi di aspettare i tempi della politica, hanno deciso di organizzare un sit-in per i precari e per chi ha perso il lavoro“. Se di infermieri, però, ce ne son ben pochi (non più di trenta), bastano le parole di Armando (nome di fantasia, ndr) per lanciare l’allarme: “Se si costringe l’infermiere ai doppi turni, si rischia di compromettere la sicurezza del paziente. Capita anche che un infermiere, dopo una notte di lavoro, il giorno dopo abbia solo un giorno di smonto, e non quello di riposo a seguire. Chi è fisso è influenzato dallo stress, e spesso – lavorando in sotto numero – opera al di sotto del livello minimo di assistenza, di qualità e di sicurezza”.

“SI LAVORA COI TOPI NEI CORRIDOI” – Armando – disoccupato da luglio – si concentra sull’attuale situazione del Policlinico di Bari: “il 31 luglio 2013 è stato l’ultimo giorno di lavoro al Policlinico di Bari per 250 infermieri (circa). Molti di loro, pur avendo lavorato almeno 36 mesi (cioè 3 anni nel pubblico) non sono stati ancora stabilizzati. Io, dopo 6 anni di lavoro precario ora sono disoccupato. Qui in Italia regnano sovrane strutture fatiscenti, non a norma, con topi che strisciano a terra, fili elettrici pendenti dal soffitto e mancanza di ossigeno a muro. Siamo stati costretti a ricoverare diversi pazienti sulle sedie per mancanza di letti, addirittura alcuni obesi facevano fatica a salire su barelle di certo troppo strette. A causa della carenza di posti letto, capita addirittura che i pazienti vengano ricoverati in corridoio, su barelle, ovviamente senza campanello per chiamare in caso di bisogno”.

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“I MEDICI CI CARICANO DI LAVORO” – Per Armando, quello della malasanità non è un problema solo meridionale: “Si muore – e non poco – di malasanità, non solo al sud, dove di certo il problema è più acuto, ma in tutto il paese. La sanità è tutta malata”. E i medici? “Caricano gli infermieri di più lavoro possibile, noncuranti del fatto che loro sono tanti e gli infermieri sono pochi. Poi chiedono un sacco di esami e procedure sui pazienti. L’organizzazione del lavoro nei reparti tende, per tutti questi motivi, ad essere caotica, deficitaria.”.

“SIAMO INVISIBILI” (E DIVISI) – “Siamo in sotto-numero. Le nuove leggi danno priorità a chi ha già lavorato per tre anni, quindi i neo-laureati sono completamente tagliati fuori: non li si invoglia, anzi li si demotiva in partenza, visto il corso di studio che li porterà ad essere con molte probabilità ad esser disoccupati. Siamo soli, senza i sindacati, in quanto siamo un movimento spaccato, diviso dai propri interessi e spesso indifferente a certe logiche. Da parte di molti colleghi c’è sottovalutazione del problema. Siamo invisibili”. 

Quello di Armando – e di Alessandro Bassi, leader del movimento infermieri – è sì un grido di protesta, ma soprattutto di aiuto. E se l’assistenza sanitaria è il primo dei diritti umani, che si lasci agli infermieri la possibilità non solo di lavorare, ma di farlo in condizioni umane. Perché entrando negli ospedali ci si deve riappropriare della vita, non perderla.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.