“G di Gaber” per Fazio, P di Polemica per il Web

“G di Gaber” per Fazio, P di Polemica per il Web

di Serena Mosso, collaboratrice

Questa mattina mi son svegliata e ho scoperto che gli utenti di Facebook e della rete in realtà sono quasi tutti direttori artistici.

Sconvolgente.

Quello che già sapevo era ciò che tutti questi noti esperti di format televisivi avrebbero avuto da dire:   “Che Tempo Che Fa – Speciale: G di Gaber” di ieri sera è stato uno sdegno, ma che gli è saltato in testa a Fazio, Gaber si sarebbe rivoltato nella tomba, Gaber non avrebbe mai invitato Bertinotti e Veltroni. Fossero almeno condannati, quei due, avrebbero fatto più audience. Ma così è stato proprio un oltraggio.

Sì, ok, forse Claudio Bisio era un po’ sottotono. Forse Rocco Papaleo non si sa fare Lo Shampoo bene come l’originale. Il programma non è stato sfavillante come ci si aspettava, ma la colpa è di chi “si aspettava”.

Io ho visto un Paolo Rossi con una Strana Famiglia esilarante, una Emma grintosa (lo dico da non fan) che parlava di Libertà. Ho visto La Paura di Neri Marcorè. E poi la Littizzetto, Vecchioni, Samuele Bersani. Una Patti Smith coinvolta, intensa, teatralmente perfetta che mi ha commosso.

Forse più che tributi a Gaber avrei voluto più Gaber, ma ho goduto di questo programma – con tutte le sue pecche che non è mia intenzione difendere – come di tutti i programmi di Fabio Fazio: della sua eleganza, della sua poesia. Soprattutto del suo essere, ancora una volta, buona televisione rispetto alla maggioranza dei palinsesti Rai e Mediaset.

Stanotte qualche ragazzo ha cercato i testi di Gaber perché Rai Tre gliel’ha fatto conoscere; qualcuno che l’ha vissuto si è commosso e forse non lo sente più tanto lontano. Qualcun altro magari sta già pensando a come cambiare le cose, imbracciando le sue parole. E chi era un po’ accorto ha sentito il messaggio di Gaber e lo ha fatto suo,  indipendentemente dall’intervento di Ombretta Colli del PDL (se Gaber non si rivoltò allora, perché avrebbe dovuto farlo per Bertinotti?), o da chiunque altro.

Ricordarlo era il vero obiettivo e per me è stato raggiunto.

Ma la rete mi ha dato il “buongiorno”, stamattina, mostrandomi la tipica reazione di certa sinistra intellettualoide: indignazione per gli ospiti, polemica, critica che va oltre l’obiettivo e l’obiettività  diventando critica per la critica. Quella che ha fatto sì che avessimo il peggiore Partito Socialista d’Europa (e per questo “qualcuno era comunista”). Sempre in contrasto, sempre disunito, mai forte e compatto nei suoi intenti. Un po’ come noi, che speculiamo sterilmente dai tempi della Prima Internazionale e ancora non sappiamo dove stiamo andando, né ci ricordiamo cosa fosse la Prima Internazionale. Noi di sinistra che non ci rivediamo in chi ci rappresenta ma non sappiamo proporre il nuovo dal basso. E allora attacchiamo chi di noi tenta di parlare di cultura. Perché noi avremmo sicuramente saputo fare di meglio.

Ma forse Luca e Paolo, cantando Al bar Casablanca, hanno parlato di noi: parliamo, parliamo e intanto “quelli di destra”, invece di farsi la guerra, si organizzano e ci fregano ogni volta.

E bravi i nostri esperti critici di format.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.