Abete sul caso razzismo: “società assenti”. Basta ipocrisie, il razzismo nel calcio non esiste

Abete sul caso razzismo: “società assenti”. Basta ipocrisie, il razzismo nel calcio non esiste

“Dalle società non vedo alcuna presa di posizione”, dice Abete. Anche da queste parole, capiamo quanto questo sia decisamente l’anno del razzismo. O meglio, l’anno in cui la FIGC dà il meglio di se stessa sul caso, chiudendo curve, lanciano moniti, denunciando episodi su episodi che con il razzismo – lo dico da subito – non hanno nulla a che fare.

Mario Balotelli, finto baluardo di una battaglia fuori luogo
Mario Balotelli, finto baluardo di una battaglia fuori luogo

Come premessa va chiarito, ancora una volta, quanto il razzismo negli stadi non esista. O meglio, sicuramente c’è (forse negarlo è eccessivo), ma si manifesta sotto forma di sfottò, di sfogo, di dispetto nei confronti – è vero – di giocatori di colore o, nel più raro dei casi, di giocatori nati da un preciso luogo o regione. Sfottò, dicevamo. Cori, striscioni, screzi verbali che il calcio conosce da quando sulle maglie c’era solo il numero e non il nome, da quando sugli spalti trovavi tamburi, megafoni e feste di ogni tipo. Da quando, insomma, tifosi, gruppi organizzati, ultrà tendono in gruppo (è bene sottolinearlo) a sminuire l’avversario, o a farlo innervosire. Combattere il razzismo negli stadi, ad oggi, è una totale perdita di tempo, e lo dimostra un dato:

  • Oggi, 2013, la totalità degli ululati provenienti dagli spalti sono opera di tifosi che tifano – e festeggiano – giocatori di colore proprio all’interno della loro stessa squadra. 

Aggiungo: non solo combattere il razzismo negli stadi è inutile, ma è anche nocivo e ipocrita nei confronti di chi, il razzismo, lo subisce realmente in ben altri contesti o situazioni. Sui campi da gioco chi si deve sentir dare del “negro” subisce la stessa “ingiustizia” di chi deve sopportare gli insulti a madre e sorella di turno (vedi il caso Diamanti-Roma), o di chi è puntualmente chiamato “pornostar” (vedi Mexes). Di esempi simili se ne trovano a migliaia, eppure solo chi di color scuro perisce si permette puntualmente di protestare a gran voce, non facendo altro che ingigantire una situazione prevedibile, da affrontare con totale indifferenza. La finisca la FIGC di condannare episodi visti e stra-visti, di denunciare “gravi casi di razzismo” solo perché il Balotelli o il Boateng alzano la voce. Quei tifosi, nella vita, con molte probabilità neanche si professano razzisti. Ma sugli spalti, si sa, la presa in giro è dietro l’angolo. La soluzione del “problema” non sta nel dichiarar guerra alle curve di tutt’Italia, sta nel ridimensionare chi si sente offeso da un fenomeno che c’è e sempre ci sarà, che in sé non porta di certo cattiveria o discriminazione. Porta solo goliardia. Lo si accetti in quanto tale, tacendo, una volte per tutte, ipocrisie e prese in giro.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.