Da Dante a Maradona: come cambia il discorso degli Oscar

Da Dante a Maradona: come cambia il discorso degli Oscar

“L’Amor che muove il Sole e le altre Stelle”, diceva Dante Alighieri ne ‘La Divina Commedia’. A citarlo, nel 1998, fu Roberto Benigni, vincitore del premio al Miglior Film Straniero per “La Vita è Bella”, ultimo, indimenticabile film iridato agli Oscar.

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Ultimo, dicevamo, prima de “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino, oggi premiato con l’Oscar al miglior film straniero dopo 16 anni d’assenza. 16 anni, proprio dal discorso straordinario che Benigni regalò al pubblico del Dolby Theatre. Spesso – e per molti – il celebre “speech” è essenziale quanto e più del vestito, del look o dello stesso film. Lo spettacolarizzò Benigni, da attore qual era e qual è, sfoderando un improbabile – ma fatale – inglese maccheronico, travolgendo prima Steven Spielberg (scavalcandolo sulla poltrona) e poi incantando milioni e milioni di spettatori. L’abbraccio con Sofia Loren, Dante, la dedica – vera – a Nicoletta Braschi e – ironica – ai suoi genitori (“they gave me the biggest gift: poverty”): questo ed altro resero il discorso del regista e protagonista de “La Vita è Bella” a dir poco memorabile. Non si può dire lo stesso per le parole di Sorrentino, forse un po’ impacciato, conciso, sì, ma troppo. Parla di fonti di ispirazioni, a partire da Federico Fellini passando per i Talking Heads, Martin Scorsese e – con tante polemiche – Diego Armando Maradona. Per il regista de “La Grande Bellezza” sono “simboli dello spettacolo”, e in quanto tali degni di giusta ispirazione. Per qualcuno non il migliore dei discorsi, per altri, certi ringraziamenti, “poteva anche risparmiarseli”. Alla fine però, l’Oscar premia il film, non i ringraziamenti. Poi del resto si sa: coi discorsi, i registi, non hanno mai trovato pace.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.