Qual è la miglior trilogia di “Star Wars”?

Qual è la miglior trilogia di “Star Wars”?

“Qual è la miglior trilogia?”. Se il celebre quesito dei tanti – tantissimi – fan di Star Wars la fa da padrone nei circoli nerd di tutto il mondo, l’uscita imminente de “Il Risveglio della Forza” può dar vita a nuovi, estenuanti dibattiti. Il fenomeno di “Guerre Stellari”, per dirla all’italiana, ha attraversato più di tre generazioni con lo stesso, rinnovato entusiasmo, rilanciandosi – nell’arco di trentotto anni – con estrema puntualità. Se scegliere l’ordine di visione scuote sempre gli animi degli spettatori (io, ad esempio, sono per la sequenza IV-V-VI-I-II-III), capire quale delle due trilogie sia la migliore è impresa meno ardua.

Se c’è un pregio comune – e innegabile – di tutti e sei i film è la colonna sonora di John Williams. Da alcuni ritenuta “la migliore di sempre”, l’opera svelata al mondo nel IV episodio, “Una nuova speranza”, viene composta in soli venti giorni con l’affiancamento della London Simphony Orchestra. Il tema del “Main Title”, la sviolinata di Tatooine (“The Dune Sea of Tatooine”) e l’immortale marcia imperiale creano lo sfondo perfetto a Lucas per far volare lo spettatore insieme ai personaggi. Le melodie della “trilogia originale”, vent’anni dopo, vengono abilmente rivisitate (talvolta solo accennate) nella “nuova”, integrate però a brani di altissimo livello rivelati già ne “La Minaccia Fantasma” (“Duel of the Fates” e “Qui-Gon’s Funeral” su tutti).

La scalata di Luke o la tragedia di Anakin? L’analisi delle trame non può prescindere dalla loro messa in scena. Il declino psicologico dello Jedi più forte di sempre sfociato nella nascita di Darth Fener, a ben vedere, è il cardine più intenso dell’intera saga. La sfida raccolta da Obi-Wan – su intuizione di Qui-Gon -, l’addestramento di Anakin, il fallimento e la resa dei conti finale regalano agli episodi I-III un potenziale tematico incredibile, forse più forte di quello originale (spesso più confuso e soprattutto meno introspettivo), ma  mal gestito. Anakin per un film è un bambino, un personaggio per forza di cose secondario, di cui si intravedono le prime debolezze; poi diventa un adolescente ribelle, forzato nei modi e portato all’eccesso negli sfoghi e nelle sue lamentele; infine, ne “La vendetta dei Sith”, è l’uomo terrorizzato dalla morte che cede al lato oscuro. Solo nell’episodio III il ruolo di Anakin è giocato bene, con logica ed equilibrio. La pecca della “nuova trilogia” è proprio questa: avere un nucleo tematico potenzialmente più intenso di quella “originale”, ma persosi in scenografie dominate dal computer e conflitti decisamente poco “stellari”.

La forza, invece, degli episodi IV-V-VI sta proprio nel modo rivoluzionario di Lucas di fare cinema: dipinti come sfondi, costumi, effetti sonori inventati dal nulla, modellini usati per rappresentare astronavi di dimensioni galattiche, effetti speciali mai visti prima. I personaggi – fatta eccezione per Han Solo, che di per sé trascina le sceneggiature di tutti e tre gli episodi – non hanno una caratterizzazione psicologica che colpisce. Alla morte dei suoi zii Luke si limita all’accettazione, mentre Anakin – assassinata la madre – si ritrova a compiere i primi passi verso il raggiungimento del lato oscuro. L’introspezione psicologica (punto di forza della “nuova trilogia”) è assente in quella originale, che però può largamente permetterselo. L’attacco alla Morte Nera, la battaglia di Hoth e quella di Endor sono gioie che raramente si ripeteranno nella storia del cinema e che non hanno avuto il minimo seguito nei film usciti a cavallo tra il ’99 e il 2005. Solo un uso decisamente più ‘moderno’ della spada laser nel combattimento tra cavalieri Jedi e Sith ha dato vita a scontri individuali dal grande fascino, ma ben lontani dalle missioni dei ribelli con il Millenium Falcon a fare da asso nella manica.

Altro dato importante: gli episodi I-II-III non hanno quel cattivone di Darth Fener. Se “Guerre Stellari” ha avuto un impatto mostruoso a livello di immagine negli anni ’80 lo si deve principalmente al terrore che il Sith in maschera e mantello ha esercitato – e esercita tuttora – su migliaia di spettatori. Nella “nuova trilogia”  è assente il cattivo per eccellenza: solo Darth Maul, che a livello di trucco è forse uno dei cattivi meglio riusciti della storia del cinema, riesce a scalfire l’armatura di Fener.

Infine: che risposta dare? Meglio la trilogia “originale” o quella del nostro secolo? In tanti alzerebbero la mano per la prima solo perché priva di un personaggio come Jar Jar Binks, altri voterebbero la seconda solo per la spettacolarità dello scontro finale tra allievo e maestro. A fare bene i calcoli, però, la risposta obiettiva sta nel valore che ogni film ha contribuito a dare nel corso della sua trilogia. Innegabile sostenere quanto episodi come “La Minaccia Fantasma” e “L’Attacco dei Cloni” lascino il tempo che trovano, fatta eccezione per una o due scene vagamente memorabili su uno sfondo di duecentosettantotto minuti. Di punti deboli come questi la trilogia dello scorso secolo non ne ha, è anzi uno scorrere coerente e lucido anche nei suoi (piccoli) difetti. La risposta al quesito è ben servita: vincono gli episodi IV-V-VI, anche se di poco. Ma attenzione, il 16 dicembre è uscito l’episodio VII, ogni calcolo va azzerato a favore di una visione ancor più ampia, che racchiuda i pregi di entrambe le trilogie precedenti e ne escluda i difetti, facendo innamorare nuove generazioni. Anche se su questo, in fin dei conti, non c’è ombra di dubbio.

Pubblicato da riccardocotumaccio

Speaker, autore, giornalista e presentatore: il tutto in un solo uomo, pensate.